Immaginate di avere la febbre. Andate dal medico, e conferma la diagnosi. Anzi, dichiara che avete una febbre molto grave, un’emergenza. Ma non vi da medicine, o indicazioni per curarvi. Si limita a certificare il vostro stato, e l’urgenza della situazione. È più o meno quello che sta succedendo con tante, troppe, dichiarazioni di emergenza climatica da parte di città e intere nazioni. Un esempio lampante è il Canada del primo ministro Trudeau, che poche ore dopo aver dichiarato l’emergenza climatica ha approvato un nuovo oleodotto. Come dire: avete una gran febbre, andate a fare una passeggiata sotto la pioggia per curarvi, possibilmente senza ombrello.
Deca = dichiarazione di emergenza climatica ambientale. L’emergenza climatica c’è, si vede ormai anche in Italia sempre più spesso sotto forma di alluvioni, siccità, tifoni e altri eventi climatici estremi. Dichiararla è certamente una cosa positiva, ma rientra a pieno nella categoria del greenwashing se non si prendono provvedimenti per affrontarla.
Cosa possono fare dunque i sindaci per dare concretezza a questa dichiarazione e dimostrare di avere davvero intenzione di preservare questo Pianeta, non tanto per le generazioni future, ma proprio per tutti noi che lo abitiamo oggi?
Il Segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres ricorda come “la scienza sia chiara” e che “per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi centigradi, dobbiamo ridurre le emissioni globali del 45% entro il 2030 dai livelli del 2010. E’ un allarme rosso per il nostro Pianeta, i governi non sono neanche lontanamente vicini al livello di ambizione necessario per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi”.