Un incontro appassionato e appassionante. Non c’è di meglio che ascoltare una persona che ti trasmette interesse e passione per qualcosa o qualcuno. Il qualcosa è il miele e il qualcuno sono le api. Un animale che racchiude un mondo e che senza il quale la biodiversità sparirebbe nel giro di poco tempo, e probabilmente anche la nostra specie.
Abbiamo incontrato virtualmente il “Pastore delle Api”, come ama definirsi Luca Bonizzoni produttore oltrepadano di una delle più grandi aziende di apicoltura biologica, produttore del presidio Slow Food Piemontese-Lombardo-Valdostano dei Mieli di Alta Montagna Alpina. Abbiamo appreso che il miele non è sempre uguale: la varietà dei fiori si riflette nei nettari e all’assaggio si scoprono profumi e sapori diversi.
Luca, col suo entusiasmo coinvolgente, ci ha raccontato quanto sia sempre più difficile il lavoro da apicoltore, in particolar modo in questi ultimi anni: a fronte della fatica le produzioni calano sempre di più, per tutta una serie di problematiche legate all’inquinamento.
Come dice Daniele Biazzi, formatore Slow Food e agrotecnico che ci ha accompagnato nella serata, il miele viene purtroppo usato troppo spesso solo come dolcificante e più che altro nel periodo invernale, come rimedio della nonna, contro malanni di stagione. Contrariamente andrebbe approfondita la sua conoscenza per le diverse tipologie, profumazioni, colori e consistenze, nonché dei territori di provenienza e per ampliare il suo utilizzo in cucina. Così come avviene per vini ed oli sarebbe interessante costituire una carta dei mieli.
Ne sono ufficialmente riconosciuti 17 tipi diversi, per la differente bottinatura delle api, ma se ne conoscono una cinquantina circa mono floreali, oltre al miele Millefiori. Di quest’ultimo dobbiamo sfatare un luogo comune che lo considera come un miele di serie B, se non un miscuglio di mieli. Il Millefiori è il reale specchio della biodiversità: ogni territorio da nord a sud vi può esprime le sue caratteristiche per le innumerevoli combinazioni floreali possibili.
Per quanto riguarda l’uso in cucina, ci sono mieli più indicati di altri per l’associazione ad una particolare materia prima e il consiglio è di fare nuove esperienze con accostamenti gastronomici mai provati.
Qui potete rivedere tutto l’incontro e noi vi suggeriamo di andare incontro alla primavera con un accostamento insolito tra la trota e il miele.
In questo caso un miele di arancio che riprende i sapori del condimento. Prodotto nel mese di aprile, di colore chiaro variabile, da un tenue giallo paglierino al bianco madreperla sino al beige chiaro, ha un profumo che ricorda le fragranze dei fiori di zagara, mentre il sapore col tempo assume un tono delicatamente fruttato e un sapore leggermente acidulo.
Trota al miele
Preriscaldate il forno ventilato a 230 °C. Mettete i pomodori in una ciotola media con la scorza e il succo d’arancia, il succo di lime, il miele di arancio, l’uvetta lasciata in ammollo nel lime, i semi di finocchio, l’olio, un ottavo di cucchiaino di sale e una buona macinata di pepe. Mescolate e mettete da parte.
In una padella piccola scaldate lentamente il burro insieme all’aglio a fuoco medio finché inizia appena a sciogliersi.
Sistemate le trote in una teglia da forno di dimensioni medie, ben distanziate. Cospargete la parte superiore, la parte inferiore e ogni cavità di entrambi i pesci con il sale. Versateci sopra il mix di burro, assicurandovi che copra entrambi i lati e le cavità, e fatele cuocere in forno per 18-20 minuti, inumidendo una volta, fino a quando sono pronte.
Lasciate le trote nella teglia o trasferitele in singoli piatti, versando con un cucchiaio un po’ dei succhi di cottura. Mescolando, unite il coriandolo alla salsa e versatela sui pesci con un cucchiaio. Servite insieme agli spicchi di lime.
Ricetta tratta da Ottolenghi, Yotam. Simple (Italian Edition) (p.249). Giunti